Vi dico la verità, faccio sempre più fatica ad ascoltare il rap italiano e ad appassionarmene.
Mi sono reso conto di questa cosa qualche mese fa, più o meno quando l’idea di una newsletter in cui poter parlare liberamente di rap (e dei miei gusti) iniziava a prendere forma nella mia testa. Per questo motivo, e anche per via della mia infaticabile pigrizia, mi sembrava un controsenso iniziare una newsletter sul rap proprio nell’unico momento della mia vita in cui il genere che mi ha cresciuto cominciava a stufarmi.
E allora perché iniziarla proprio ora?
Andiamo con ordine.
Perché il rap sta iniziando ad asciugarmi
Il rap ha iniziato ad asciugarmi principalmente per due motivi.
Il primo è che trovo che gran parte della carica ribelle e anticonformista che dovrebbe fare parte del genere si sia esaurita su sé stessa, disperdendosi in cliché triti e ritriti. Il secondo è che nella maggior parte degli artisti non riesco a vedere altro che personaggi palesemente costruiti che si approcciano a questo genere con lo stesso intento di chi cerca un lavoro in banca. Certo, bello, siamo tutti contenti che a partire dal 2016 si sia creato un mercato solido con delle economie importanti eccetera eccetera, però non mi sembra una giustificazione valida per mandare tutto a puttane.
Ah sì, ci sarebbe anche una terza motivazione. Quella legata al fatto che sto semplicemente crescendo, che i gusti cambiano con l’età, che dopo aver ascoltato un genere per 15 anni si cercano nuovi stimoli e bla bla bla – come direbbe quella famosa Greta a cui Marra ha dedicato un pezzo e a cui Fedez dedica spesso delle puntualizzazioni riguardo la giusta pronuncia del suo cognome – ma non è quello che ci interessa.
(Greta che dissa i capi di stato a Milano qualche mese fa. Si, in svedese si dice “tumberi” se ve lo stavate chiedendo. Prego per avervi fatto dormire sonni sereni.)
Pandemia pandemonio, scendo con l’AK in accappatoio
Dopo due anni di pandemia credo sia abbastanza evidente anche ai patiti di scienza e ai fan di Burioni & Co: privati della libertà, dei rapporti sociali e degli eventi dal vivo ci siamo annichiliti tutti quanti davanti ai nostri smartphone, impigrendoci e accelerando irrimediabilmente il nostro processo di invecchiamento come in un video di YouTube a velocità x2. Questo, oltre a teletrasportarci nei peggiori episodi di Black Mirror e a convincerci che andare a vivere nel metaverso di Zuckerberg (chiederemo a Fedez per la pronuncia corretta) sia una buona idea, ha implicato anche dei cambiamenti all’interno dell’industria musicale.
Nel biennio di COVID gli artisti e le etichette hanno preferito posticipare le uscite discografiche perché impossibilitati a capitalizzare al massimo il proprio lavoro, l’hype intorno al genere ha iniziato lentamente ad esaurirsi non essendo foraggiato da nuove uscite all’altezza e, infine, la gente ha iniziato a non rispecchiarsi più in un certo tipo di sound e di contenuti aka si è messa ad ascoltare altra musica (soprattutto del passato). Questo scenario di incertezza ha caratterizzato grosso modo tutto il 2020 ed è ben raccontato da Marta Blumi Tripodi in questo articolo di Rolling Stone .
Gli album e gli artisti del 2021
Dato che voglio evitare di trasformare questa newsletter in una seduta di terapia (anche se non vi prometto che ci riuscirò) cerchiamo di analizzare la situazione da un punto di vista un po’ più obiettivo focalizzandoci soprattutto sul mainstream italiano e aiutandoci con la classifica FIMI 2021.
Se nel 2020 gli effetti della pandemia sul cambiamento del gusto musicale degli italiani si riuscivano ad intravedere solo in controluce (anche perché ad inizio anno il rap stava ancora in forma smagliante), nel 2021 invece si è giocato a carte scoperte. Gli italiani hanno fatto capire fin da febbraio quello di cui avevano bisogno durante l’anno: musica leggera, anzi leggerissima. E così è stato: il pop ha dominato le classifiche, Sanremo è tornato ad essere rilevante come mai lo era stato negli ultimi anni (l’edizione 2022 è andata ancora meglio) e gli unici rapper che hanno beneficiato della situazione sono stati quelli che hanno fatto… pop. Rkomi credo sia l’esempio più cristallino di quello che sto dicendo. Non a caso l’album più venduto del 2021 è proprio Taxi Driver, che a quanto pare è piaciuto a tutti tranne che a me. Ma questo è un altro discorso.
Gli emergenti dell’anno – presenti con i propri album nella top 10 della classifica FIMI rispettivamente al secondo, quarto e quinto posto – sono stati Sangiovanni, Blanco e Madame. Tutti artisti con un’immagine pulita, una bella voce e un immaginario difficilmente riconducibile al rap nonostante gli sforzi di alcuni magazine di settore. A chiudere il cerchio delle new sensation del 2021 c’è poi l’innocuo pop rock dei Måneskin. La band composta da Damiano e quegli altri (nessun rancore eh) è stata la vera rivelazione dell’anno 1 d.c. (dopo covid) riuscendo a incanalare quelle vampate di rabbia che ciclicamente hanno fatto capolino nella testa degli italiani e non solo, visti gli incredibili risultati raggiunti all’estero. Qui un video del loro live al Bowery Ballroom di New York.
A proposito di rabbia e di emergenti, un discorso a parte andrebbe fatto per Baby Gang, Rondo, Sacky e tutto il collettivo di Seven 7oo ma questo esula dal mainstream tout court, perciò, lasciamolo un attimo da parte. E poi offre tanti spunti interessanti quindi preferisco parlarne più avanti e in maniera più approfondita.
Tornando a noi, la top ten dei singoli non è altro che lo specchio della top ten degli album. I nomi degli artisti sono quelli che abbiamo già menzionato a cui si aggiungono le sopracitate incursioni di Sanremo, i soliti featuring azzeccati di Sfera e La Canzone Nostra di MACE, Salmo e l’onnipresente Blanco. MACE che, tra l’altro, esce di un soffio dalla top ten dei dischi più venduti con OBE, l’album a mio parere più bello del 2021.
Loro
In ogni caso, per rendersi conto di quella che sarebbe stata la classifica di fine anno bastava salire sulla macchina di un tipo a caso quest’estate. Mi fai impazzire, Notti in Bianco, Nuovo Range e via così in loop fino ad esaurimento nervoso come succede sempre con i tormentoni. Va detto però che nel 2021 è indubbiamente cambiata la formula: niente reggaeton e sì al pop che allude alla riconquista di libertà con venature rock/punk e possibilmente cantato da un rapper o pseudo tale.
E poi c’è Zitti e Buoni dei Måneskin che tra tutti i tormentoni estivi è stato sicuramente quello più straniante. Ogni volta che vedevo qualcuno in canotta e occhiali da sole esorcizzare la rabbia e la frustrazione di un intero anno davanti al mare cantando a squarciagola quel “sono fuori di testaaaaa ma diverso da loroooooo” come se fosse nel pieno di una cerimonia a base di ayahuasca non potevo che rimanere tremendamente colpito. Che poi chi cazzo saranno quei loro da cui sei tanto diverso? Gli scellerati no vax? I vaccinisti convinti servi della dittatura scientifica? I razzisti omofobi cisgender che fanno catcalling? Lo spietat* esercit* di woke a difesa del politically correct?
All’inizio mi scervellavo veramente per capire chi fossero questi dannati loro senza riuscire a venirne a capo. Solo qualche mese dopo mi sono reso conto che quest’anno non era importante capirlo. La verità è che ognuno di noi aveva una tremenda necessità di scaricare le sue ansie e le sue paure su un bersaglio diverso a seconda dell’occasione. Ma non per chissà quale cattiveria, semplicemente per liberarsi un po’ del peso che ci siamo portati appresso in questi due anni di pandemia. Ma questo lo ha già spiegato molto meglio di me Marra in Noi, Loro, Gli Altri e perciò direi che non c’è molto altro da aggiungere.
E allora sapete che c’è? Se dagli yacht della Costa Smeralda ai lidi del sudditalia siamo riusciti ad esorcizzare anche solo una piccola parte di tutte le frustrazioni accumulate attraverso uno stupido ritornello pop allora ben venga un po’ di musica leggera. Anzi, leggerissima.
Lo so, avrei dovuto dirvi perché ho iniziato a scrivere questa newsletter in un momento di scarso interesse per il rap ma alla fine la premessa che volevo fare è diventata più lunga del previsto. Mettendomi a scrivere mi sono reso conto che prima di poter raccontare qualunque altra cosa dovevo assolutamente provare ad inquadrare l’anno appena trascorso. Perciò, con un fantastico cliffhanger fortuito dovuto alla mia scarsa capacità di organizzazione vi aspetto al prossimo episodio di tarocchi in cui vi prometto che tutto sarà più chiaro.
Ah, sul profilo instagram di tarocchi trovate la spiegazione della carta che ho scelto per questa puntata. Grazie se siete arrivati a leggere fino a qui, see you.